Con il termine Shochu si indica un gruppo di acquaviti tipiche del Giappone ottenute dalla distillazione di materie prime differenti. A seconda della regione di produzione, infatti, questo distillato può essere realizzato con orzo, patate dolci, riso, sesamo, frumento o zucchero di canna. E’ tra le bevande più antiche del Giappone e i primi riferimenti risalgono al sedicesimo secolo e sono stati rinvenuti sull’isola di Kyushu, ancora oggi considerata patria di questo distillato.
Il termine’ shochu’ significa letteralmente liquido bruciato e ricorda molto l’etimologia del termine europeo ‘brandy’. Il shochu a differenza dei distillati occidentali non è molto alcolico e difficilmente supera i 25 gradi. Un tempo considerata bevanda per anziani e per le classi meno abbienti, da alcuni anni sta conoscendo un notevole successo, tanto da aver spodestato per consumi addirittura il sakè. Il shochu può essere servito liscio o con ghiaccio, sia come base per cocktail e drink tramite l’aggiunta di succhi di frutta o the. A differenza del sakè, che viene bevuto durante i pasti, questo distillato è utilizzato come digestivo e servito dopo i pasti.
Produzione
Le tecniche di produzione variano a seconda del tipo di materia prima utilizzata. Originariamente il shochu veniva prodotto esclusivamente con il riso, o meglio, con gli scarti della produzione del sakè, poi con il tempo i distillatori giapponesi hanno cominciato ad utilizzare anche altre materie prime come le patate dolci, i cereali (orzo, frumento) il sesamo e la canna da zucchero.
La distillazione della materia prima fermentata può essere singola o multipla. Nel primo caso la bevanda viene detta ‘otsurui’, e ‘koru’ nel secondo caso. I distillati multipli possono raggiungere anche gradazioni di 35-40 gradi. Il distillato viene fatto riposare per tre mesi in botti di legno o di acciaio prima di essere imbottigliato. I prodotti più pregiati vengono fatti invecchiare per almeno tre anni in botti di legno.
Un caso a parte è rappresentato dal shochu di riso dell’isola di Okinawa detto Awamori che viene fatto invecchiare per dieci anni in caverne e gallerie sotterranee. Il shochu di patate dolci (Imo) è prodotto principalmente nella provincia di Miyazaki, famosa per la produzione di questo tubero. Le patate dolci, dopo essere state sbucciate, vengono pestate e messe a fermentare con l’aggiunta di particolari lieviti. Il mosto viene quindi distillato. Tipico delle Isole Amami è, invece, il shochu di canna da zucchero (kokuto) che viene preparato con un procedimento molto simile a quello del rum. Stesso discorso per il distillato di orzo o di grano saraceno (Sobe) preparato con lo stessa tecnica della distillazione del whisky.
Choum
Il Choum è un’acquavite molto diffusa in Cina, Vietnam e Sri-Lanka ed è ottenuta dalla distillazione del riso. La sua preparazione si divide in varie fasi. La prima fase consiste nella bollitura dei chicchi di riso, necessaria per trasformare l’amido in zucchero. La fase successiva è costituita dalla fermentazione che dura diverse settimane e prevede l’aggiunta di altro zucchero. Il composto fermentato viene, quindi, distillato in alambicchi continui. Il choum si presenta chiaro e trasparente, con una gradazione alcolica che si aggira intorno ai 40 gradi. Il liquore distillato viene fatto riposare in botti di acciaio prima di essere imbottigliato. Solitamente viene servito liscio come digestivo in bicchieri a tulipano.